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La revoca della semilibertà

Contenuto a cura
dell'Avv. Marco Gaetano Malara
Data creazione: 12 Dec 2020
Data ultima modifica: 12 Dec 2020

La semilibertà, prevista dall’art. 48 e ss. dell’ordinamento penitenziario, è la concessione fatta al condannato e all’internato di trascorrere la maggior parte della giornata al di fuori dell’istituto ove è ristretto al fine di partecipare ad attività lavorative, istruttive o qualsiasi altra attività volta al reinserimento sociale.

Pertanto, il condannato continua a rimanere privato, seppur in modo parziale nel tempo della propria giornata, della propria libertà personale, ma ha la possibilità di vivere il proprio regime in maniera sicuramente diversa rispetto ad altri detenuti. Il condannato può chiedere tale regime qualora abbia espiato almeno la metà della pena, o in casi previsti dall’art. 4bis dell’ordinamento penitenziario, quando siano passati almeno due terzi della pena. Occorre segnalare, a seguito della pronuncia 74/2020 della Corte Costituzionale, come il magistrato di sorveglianza possa applicare temporaneamente la semilibertà “surrogatoria” dell’affidamento in prova al servizio sociale anche nei casi in cui la pena residua da scontare sia superiore ai sei mesi.

Il tribunale di sorveglianza, competente per l’ammissione al predetto regime sul luogo di espiazione della pena, deve valutare quali siano i progressi del detenuto in regime inframurario nonché la possibilità che il predetto possa correttamente reinserirsi nel tessuto sociale. In tali valutazioni giocano un ruolo fondamentale tutti i soggetti (assistenti sociali e psicologi) che valutano il condannato nonché il direttore dell’istituto penitenziario atto al controllo del condannato anche durante il periodo in cui lo stesso sia ammesso a tale regime. Il condannato all’ergastolo può chiedere tale regime passati venti anni di espiazione della pena e il condannato, ammesso a tale regime, che si renda assente per oltre 12 ore, senza giustificato motivo, viene denunciato per evasione.

Nel caso in cui il condannato, nel corso della semilibertà, non rispetti le direttive imposte con il regime ovvero quando il direttore del carcere informi di un sopravvenuto titolo di esecuzione di altra pena detentiva, prima di determinare la revoca, può essere, ex art. 51-ter dell’ordinamento penitenziario, disposta una sospensione cautelativa del proprio regime da parte del magistrato di sorveglianza, con proprio decreto motivato, con la richiesta al Tribunale di sorveglianza al fine di valutare il modificato comportamento del condannato: il provvedimento decisorio deve intervenire entro e non oltre 30 giorni dalla richiesta.

Viene disposta la revoca nei casi in cui il condannato non sia ritenuto idoneo al trattamento – per esempio nel caso in cui sia stato licenziato dal posto di lavoro ove era stato collocato per scontare tale regime - ; quando, sopraggiunto altro titolo di esecuzione, vengano meno le condizioni di ammissione al regime di semilibertà – è necessario che vi sia un nuovo titolo, non è sufficiente, ad esempio, la presentazione di una denuncia nei confronti dell’ammesso -; se il condannato si assenti per meno di dodici ore senza giustificato motivo ovvero quando il condannato si assenti comunque per più di dodici ore (la denuncia comporta la sospensione della misura alternativa e la condanna per evasione provvede la revoca della semilibertà).

La Cassazione (20512/2020) impone al Tribunale di sorveglianza di dovere, nella propria motivazione con la quale si revochi il predetto regime, tenere conto di quelle condotte che siano state idonee a scalfire il rapporto di fiducia tra l’ammesso al regime della semilibertà e gli organi atti al diretto controllo tanto da giudicare l’esperimento della concessione come privo di prosecuzione.

La revoca della semilibertà non esclude autonomamente la possibilità di riottenere predetto beneficio qualora la revoca sia dovuta comunque a fatti sporadici e che non possano in qualche modo influire sul recupero sociale del condannato. Va comunque precisato (Cass. 14860/2020) che nei tre anni successivi alla revoca, al condannato non può essere concesso alcun beneficio, poiché la revoca ha portata generale e validità estesa anche ad altri e diversi procedimenti esecutivi.


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