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Il Trojan Horse

Contenuto a cura
dell'Avv. Marco Conti
Data creazione: 09 May 2020
Data ultima modifica: 09 May 2020

 

Lo scorso febbraio è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 7/2020 che ha convertito in legge, con alcune modifiche, il decreto-legge n.161 del 30 dicembre 2019, recante modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni.

Quello delle intercettazioni di conversazioni e/o comunicazioni è da sempre un tema controverso e molto dibattuto in quanto si devono bilanciare diversi diritti: da un lato l’intromissione nella vita privata altrui, diritto costituzionalmente garantito dall’art. 15 della costituzione italiana, dall’altro invece c’è la necessità di acquisire informazioni utili al fine del proseguimento delle indagini penali.

Con il temine “intercettazione” infatti si vanno ad indicare tutti quegli strumenti atti alla ricerca della prova e caratterizzati quindi dal fatto di essere utili alla ricerca delle tracce, delle notizie o delle dichiarazioni idonee al fine di provare un fatto determinato.

Sono dunque diversi dai c.d. “mezzi di prova”, come può essere ad esempio la testimonianza, che offre al giudice uno strumento su cui basare poi la propria decisione.

L’art. 266 codice procedura penale individua, stabilendone cosi anche i limiti, i casi e i delitti in cui l’intercettazione è consentita, delitti che vanno dai “delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni”, passando per i “delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope” fino ad arrivare ai delitti previsti dall'articolo 600 ter c.p. circa la pornografia minorile e “i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis c.p.” ossia l’associazione mafiosa.

L’intercettazione inoltre è concessa solamente quando si è in presenza di gravi indizi di reato e questa deve essere assolutamente indispensabile per la prosecuzione delle indagini.

Tra le modifiche più rilevanti al codice di procedura penale la legge n. 7 del febbraio 2020 disciplina l’utilizzo dei “Trojan”.

Per la prima volta infatti viene normato l’uso del “Trojan Horse” (letteralmente “cavallo di troia”), come il mezzo investigativo dotato di particolare capacità invasiva in modo tale da essere sempre più frequentemente utilizzato nelle indagini penali.

Il “Trojan” è un “malware”, ossia un programma informatico utilizzato per disturbare le operazioni svolte su un determinato personal computer in modo tale da arrecare un danno.

Viene pertanto utilizzato da terzi per accedere al sistema informatico di altri utenti.

Installato così all’insaputa del “malcapitato” destinatario nel su pc o nel suo telefono consente di captare le conversazioni, le foto, nonché tracciare gli spostamenti della persona intercettata.

Senza che il soggetto intercettato se ne accorga è possibile anche assistere e/o registrare incontri al quale il soggetto partecipa in quanto il “Trojan” consente anche la registrazione tramite la videocamera degli “smartphones”.

L’utilizzo dei “Trojan” non è una novità assoluta in realtà in quanto il loro utilizzo era già previsto dalla “Riforma Orlando” (riforma che prende il nome dall’ex ministro della giustizia), ma tali dispositivi in passato venivano usati solamente per i reati di maggiore gravità, come ad esempio i reati di associazione mafiosa ex art. 416 bis c.p. o terrorismo ex art. 270 sexies c.p..

Con la recente riforma invece la possibilità del loro utilizzo viene estesa anche ai reati contro la pubblica amministrazione compiuti dagli incaricati di pubblico servizio per i reati che prevedono una pena uguale o superiore nel massimo a cinque anni, in applicazione della legge “Spazza-Corrotti”, conl’obbligo di motivazione che ne giustifichi l’utilizzo.

Occorre ricordate che l’attivazione di un captatore di comunicazioni può avvenire anche presso il domicilio privato di un soggetto, a prescindere dall’attualità di un’attività criminosa e, anche in questo caso, il pubblico ministero dovrà indicare le ragioni che giustificano l’utilizzo di questo strumento invasivo.

Una volta captate le comunicazioni e/o le conversazioni le intercettazioni rilevanti, entreranno nel fascicolo del pubblico ministero, mentre quelle non rilevanti verranno coperte da segreto.

Orbene spetterà dunque al pubblico ministero selezionare, tra tutto il materiale audio e video raccolto, quello ritenuto rilevante al fine delle indagini, e potendo così scartare quello ritenuto irrilevante, come le registrazioni di cui è vietata l'utilizzazione o quelle che riguardano particolari categorie di dati personali, sempre se non venga dimostrata la loro rilevanza.

L’introduzione dell’uso dei “Trojan” anche per altri e diversi reati è dunque una novità di notevole rilevanza in quanto per la prima volta viene disciplinato l’uso di questo strumento molto invasivo ma molto utile, specialmente in particolari delitti, e perciò sempre più di frequente utilizzato nelle indagini.

Pertanto si potrà entrare nella vita delle persone, accompagnandole nelle giornate lavorative, nelle riunioni, negli incontri e soprattutto nella vita privata.

Quello che infatti sembra un semplice smartphone utilizzato per inviare messaggi o fare videochiamate può trasformarsi, con un semplice programma, in un occhio sempre aperto e vigile sulla nostra vita.

Questo perche, come ribadito, l’utilizzo di “Trojan” al fine di captare delle comunicazioni è una tipologia di intercettazione molto invadente, tanto che in passato era prevista solo per specifici delitti e che consente oggi, in un mondo dominato dalla tecnologia e dove si può far tutto - o quasi - con uno smartphone, di entrare nella vita di una persona senza che questa ne abbia il minimo sentore.


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